Misura i tuoi pregiudizi - parte 2
Scopri come i tuoi pregiudizi inconsci manipolano la tua realtà
Negli ultimi giorni, quasi 300 persone hanno risposto ai sondaggi che ho proposto all’interno dell’ultima newsletter (se non l’hai ancora letta, puoi trovarla qui).
Ora, è arrivato il momento di tirare le somme e capire perché la stragrande maggioranza delle risposte è totalmente prevedibile (e irrazionale).
In questa seconda parte di articolo, scoprirai perché e in che modo il cervello umano è progettato per subire l’effetto dei suoi stessi pregiudizi. Buona lettura!
I risultati del sondaggio
La settimana scorsa ti avevo chiesto di pensare a tre differenti professionisti:
l’assistente di volo
il medico
l’informatico
Così come per ogni altra figura professionale, anche questi tre professionisti subiscono inevitabilmente gli effetti dei pregiudizi inconsci che governano la nostra mente. E il risultato dei sondaggi ne è la conferma.
Più del 90% delle persone che hanno partecipato al sondaggio ha pensato che l’assistente di volo fosse una persona con meno di 50 anni, di genere femminile e dall’aspetto curato. Il 90% delle persone, d’istinto, ha pensato a un medico uomo, con più di 35 anni. E, infine, quasi il 100% delle persone ha pensato che l’informatico vestisse abiti informali, piuttosto che formali.
Ma attenzione: quel che conta di questo sondaggio non è tanto il fatto che la stragrande maggioranza di voi fosse pienamente d’accordo (senza avere la possibilità di confrontarsi), ma il fatto che la totalità delle persone che hanno deciso di partecipare aveva uno o più pregiudizi rispetto alle tematiche trattate.
Pregiudizi consci o inconsci?
La realtà è che i pregiudizi che i partecipanti al sondaggio hanno espresso agiscono al di sotto del livello di coscienza, ovvero sono automatici e incontrollati: appena il nostro cervello sente la parola “informatico” non può fare a meno di crearsi un’immagine coerente con la parola processata. E, per farlo, deve necessariamente fare affidamento alle sue esperienze pregresse, generalizzandole e stereotipandole.
È più probabile che indossi una t-shirt o un abito blu? È più probabile che indossi gli occhiali oppure no? È più probabile che sia un uomo o una donna? E così via, per una abbondante serie di altre caratteristiche.
Il risultato? Il cervello si affida ai suoi pregiudizi più radicati e profondi: i cosiddetti pregiudizi inconsci.
Le ragioni alla base dei nostri pregiudizi
La questione è molto semplice: da un punto di vista neuroscientifico, il nostro cervello non è fisicamente in grado di processare tutte le informazioni che riceve dal mondo esterno.
Milioni di informazioni bombardano il nostro cervello, ogni secondo.
E di fronte a questa mole di lavoro siamo costretti a ragionare in fretta, con l’obiettivo di risparmiare più energie cognitive possibili. Per riuscirci, dunque, ci affidiamo a delle scorciatoie di pensiero che - spesso - ci portano fuori strada, innescando una serie di pregiudizi che molto spesso distorcono i nostri giudizi e la nostra percezione della realtà.
Succede ogni volta che il nostro cervello è tenuto a processare delle informazioni provenienti dall’esterno. Succede ogni volta che facciamo esperienza della realtà. Succede, quindi, migliaia di volte al giorno, ininterrottamente.
Bibliografia di un Brain Hacker
Oggi, niente risorse aggiuntive. Ma c’è un motivo!
Nelle prossime settimane, infatti, uscirà il video ufficiale del TEDx Talk che ho tenuto ad Asiago, a fine settembre. E - piccolo spoiler - ho parlato proprio di come i pregiudizi inconsci siano in grado di manipolare totalmente la realtà.
A breve, altre news a riguardo!
Se invece vuoi immediatamente fare un upgrade al tuo cervello, esiste Brain Hacking Academy (pensa che l’ultima lezione all’interno dell’accademia è dedicata proprio ai pregiudizi inconsci e a come innescarli a proprio vantaggio): per iscriverti, scrivi subito a info@michelegrotto.com
Ricorda: quando conosci come funziona il tuo cervello, puoi farlo funzionare meglio. Condividi ora questo articolo e permetti a più persone di arricchire il proprio punto di vista.