L'effetto alone e la prima impressione
I pregiudizi inconsci più diffusi che ti fanno giudicare un libro dalla copertina
Qualche articolo fa, parlando di bias cognitivi, vi avevo proposto il seguente sondaggio sul tema dei (pre)giudizi inconsci basati sull’aspetto fisico.
Come potete notare, più di 6 persone su 10 ritengono di giudicare spesso le persone in base al loro aspetto fisico. Meno di 1 persona su 10 ritiene di farlo sempre. Ma il dato più eclatante è che quasi il 30% di voi - nonostante siate un gruppo iper-selezionato e già interessato a questi temi - sostiene di giudicare raramente (o addirittura mai) le persone in base al loro aspetto.
La realtà è che non è una questione di scelte: da un punto di vista neuroscientifico, non possiamo scegliere se giudicare o non giudicare una persona. Lo facciamo sempre, costantemente. E nella maggior parte dei casi, nemmeno ce ne rendiamo conto.
Quindi, quanto conta l’aspetto fisico? E quanto conta la prima impressione?
Effetto alone: che cos’è?
L’effetto alone è un bias cognitivo che ci porta a etichettare le persone con caratteristiche più o meno positive a seconda del loro aspetto fisico e dell'impressione che ci danno.
IL GLOSSARIO DEL BRAIN HACKER
”BIAS COGNITIVO”:
I bias cognitivi sono degli errori sistematici di pensiero e di ragionamento che hanno il potere di influenzare enormemente la nostra percezione della realtà e, di conseguenza, la qualità della nostra vita.
In altre parole, l’effetto alone è il motivo per cui giudichiamo la copertina ancor prima del contenuto e - soprattutto - è il motivo per cui il giudizio della copertina influenza la percezione del contenuto.
Dunque, fuori metafora, non solo le persone giudicano il tuo aspetto, ma soprattutto TI giudicano in base al tuo aspetto.
Lo fanno gli altri con te, ma lo fai anche tu con gli altri. E, che tu voglia o no, il tuo cervello funziona in questo modo.
Come funziona la prima impressione
Da un punto di vista comportamentale, la prima impressione che ci facciamo di qualcuno si basa su una serie di step che si ripresentano quotidianamente. Per riassumere questo processo e renderlo ancor più concreto, l’ho suddiviso in tre fasi (che, tra l’altro, coincidono con tre dei più importanti bias in circolazione):
1. Effetto priming
L’effetto priming è quel bias che ci porta a giudicare qualcosa sulla base degli stimoli a cui siamo stati esposti (più o meno consciamente) in precedenza.
Un esempio? Se suoni il mio citofono di casa indossando una divisa giallorossa con scritto a caratteri cubitali “DHL” e con un pacco sottobraccio, inevitabilmente penserò che tu sia un corriere venuto a consegnarmi qualcosa.
Ma a volte l'effetto priming è più sottile e si cela dietro a delle sfumature solo apparentemente meno importanti: la formalità di un abito, le parole che usiamo in apertura di un discorso, i gesti e molto altro ancora.
2. Effetto alone
Dopo l'effetto priming, arriva l'effetto alone, che ti ho presentato proprio qualche paragrafo fa. Il cervello, a questo punto, generalizza lo stimolo processato in precedenza e ne estende la valenza.
Ovvero: se ci siamo fatti una buona impressione, estenderemo l’impressione positiva anche ad altre caratteristiche della persona in questione; al contrario, se ci siamo fatti una cattiva prima impressione, estenderemo inconsciamente l’impressione negativa anche ad altri aspetti (nello specifico, in questo secondo caso, si parla di “horn effect”).
In ogni caso, tra poche righe potrai scoprire alcuni degli esempi al contempo più curiosi e preoccupanti di applicazione dell’effetto alone. Preparati!
3. Pregiudizio di conferma
Infine, ecco il terzo ed ultimo step di questo velocissimo processo cognitivo che sta alla base del funzionamento della prima impressione: il pregiudizio di conferma o confirmation bias.
Dopo esserci fatti una rapida idea della persona che abbiamo di fronte, tendiamo a ricercare tutto ciò che può confermare l'opinione che ci siamo creati. Di fatto, in questa fase, tutta l'attenzione del nostro cervello viene concentrata sulla conferma dei pregiudizi che ci siamo creati.
Un meccanismo assolutamente pericoloso, in grado di creare un vero e proprio circolo vizioso, nel quale ricerchiamo ininterrottamente le conferme alle nostre convinzioni, con il rischio di evitare a priori di tenere in considerazione qualsiasi opinione contraria.
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5 esempi pratici di effetto alone
Ora che hai scoperto come ci creiamo una prima impressione dei nostri interlocutori (e come i tuoi interlocutori si creano una prima impressione di te), è il momento di toccare con mano alcuni degli esempi più eclatanti dell’effetto alone.
Peso corporeo: grasso = pigro
Una delle associazioni inconsce più diffuse è quella tra peso corporeo e pigrizia o competenza. Infatti, molto spesso le persone in sovrappeso subiscono un pregiudizio che le raffigura come persone pigre e meno competenti da un punto di vista professionale.
Abbigliamento: formale = intelligente
A parità di professionalità e intelligenza, una persona che indossa abiti più trasandati e informali viene giudicata inconsciamente come meno professionale e meno intelligente rispetto a una persona con un aspetto più curato e formale.
Aspetto fisico: brutto = insicuro
Un altro esempio di come la prima impressione possa influenzare un’interazione riguarda l’aspetto fisico da un punto di vista estetico. Infatti, tendiamo a giudicare come meno sicure di sé le persone che consideriamo meno attraenti.
Età: giovane = inesperto
Anche l’età è un aspetto altamente significativo quando dobbiamo farci una prima impressione di qualcuno: in questo caso, il pregiudizio inconscio che prende il nome di “Ageism” ci porta a etichettare i più giovani come meno esperti, anche a fronte di incredibili competenze.
Altezza: alto = leader
Sei all’altezza della situazione? Beh, l’altezza - non solo a livello metaforico - determina concretamente i pregiudizi che avranno nei nostri confronti. Uno dei pregiudizi più inconsci, radicati e diffusi riguarda l’autorevolezza e la leadership: normalmente, le persone più basse tendono ad essere sottovalutate e considerate meno idonee a ricoprire ruoli di responsabilità.
Questi sono 5 esempi pratici di effetto alone, ma la lista è ancora lunga: esistono centinaia di pregiudizi inconsci che influenzano ogni giorno la nostra vita e i nostri risultati. Pensa ad esempio a fattori come il colore della pelle, la provenienza geografica, l’accento: quanto incidono queste caratteristiche sull'impressione che abbiamo di una persona?
Citando un mio post su Instagram di qualche tempo fa…
“Se queste ti sembrano solamente delle ingiustizie inaccettabili, ho una notizia per te: lo sono. Ma questo non cambia affatto le cose, perché il cervello umano continuerà pur sempre a cadere in questa trappola mentale, etichettando gli altri con caratteristiche più o meno positive a seconda del loro aspetto e delle loro caratteristiche fisiche.”
Conoscere come funzioniamo davvero vuol dire conoscere il nostro potenziale, ma anche e soprattutto i nostri bug, i nostri pregiudizi inconsci e i nostri difetti di fabbrica. Perché solo conoscendoli a fondo hai la possibilità di scegliere una copertina all'altezza del tuo contenuto migliore.
Bibliografia di un Brain Hacker
E se volessi approfondire questi argomenti così affascinanti? Ho tre libri per te!
2008 - Prevedibilmente irrazionale, Dan Ariely
2011 - Pensieri lenti, pensieri veloci, Daniel Kahneman
2014 - In un batter di ciglia, Malcolm Gladwell
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