Invecchiare ≠ Crescere
Spoiler: invecchiare non significa crescere. E per crescere non è sempre necessario invecchiare.
Durante uno dei miei ultimi speech, dopo aver parlato di pregiudizi inconsci e di bias cognitivi, una persona presente nel pubblico mi ha posto questa domanda:
"Col passare degli anni - e quindi maturando, migliorando e crescendo - diventiamo più bravi a evitare pregiudizi inconsci e bias cognitivi?"
Una di quelle domande che sembrano scontate, ma che appena le osservi più da vicino rivelano un mondo di impalcature mentali e architetture di ragionamento che meritano sicuramente un approfondimento.
Così, dopo aver risposto al diretto interessato, mi sono appuntato mentalmente la domanda, ripromettendomi di scriverci un nuovo articolo di Brain Hacking.
Dunque, eccoci qui: che cosa si nasconde dietro a questa domanda? Ve lo svelo step-by-step, e paragrafo dopo paragrafo arriveremo a una conclusione davvero interessante.
La risposta alla domanda è…
La mia risposta è stata schietta: “NO”.
Da un lato, perché effettivamente non è possibile liberarci definitivamente di bias e pregiudizi inconsci. Ci sono e ci continueranno a essere: la nostra abilità, dunque, non riguarda tanto evitarli, ma gestirli.
Dall’altro lato (ed è il lato più interessante), perché nella domanda c’è un’implicazione profondamente errata, che ci fa intravedere una serie di convinzioni potenzialmente pericolose.
Ritorniamo un istante alla domanda: “Col passare degli anni - e quindi maturando, migliorando e crescendo - diventiamo più bravi a evitare pregiudizi inconsci e bias cognitivi?”.
Quel “quindi” è una distorsione cognitiva che non possiamo lasciar passare inosservata, perché ci racconta un pregiudizio inconscio (appunto!) del parlante che - magari senza rendersene conto - associa al passare degli anni una inevitabile maturità, oltre a un livello più elevato di conoscenza e competenza.
Ma siamo davvero sicuri che esiste un’assoluta correlazione tra invecchiamento e crescita? Beh, non direi.
Quanti anni di esperienza hai?
Far passare gli anni, dunque, non equivale a maturare.
Cinquant’anni di esperienza (se vissuti facendo sempre le stesse cose e pensando sempre allo stesso modo, senza mai mettere in discussione le proprie idee) non sono davvero cinquanta anni di esperienza.
Un conto è avere cinquant’anni di esperienza, un altro conto è avere un anno di esperienza ripetuto cinquanta volte.
E questo è il motivo principale per cui l'età, da sola, non ci rende più saggi, più intelligenti o più immuni ai bias cognitivi.
La mente non si affina con il semplice scorrere del tempo, ma con la qualità delle esperienze che scegliamo di vivere.
Lunghezza vs. Profondità
Considerate queste premesse, possiamo affermare quindi che non tutte le vite lunghe siano vite profonde.
Perché a mio parere sono queste le due caratteristiche che dovremmo tenere a mente quando giudichiamo una persona per la sua età: lunghezza e profondità. Perché 30, 50 o 70 anni non sono uguali per tutti. Dipende sempre da come li vivi.
La lunghezza della vita è una variabile indipendente: scorre a prescindere da quel che impari e da quanto cresci. La profondità della vita, invece, è il risultato delle nostre scelte, della nostra curiosità, della nostra capacità di metterci in discussione e innalzare la qualità di quel che passa per la nostra testa.
Proprio di questo argomento ho parlato nel mio TEDx Talk. Se ti interessa approfondire la questione, ti consiglio di dare un’occhiata!
Per guardare il video integrale, clicca sull’immagine qui sopra oppure clicca qui.
Neuroplasticità e invecchiamento
Nonostante ora sia piuttosto logico e intuitivo pensare che il passare degli anni non corrisponda a un aumentare dell’esperienza, risulta comunque complesso sradicare questo pregiudizio inconscio dalla mente della maggior parte delle persone (tecnicamente, riferendoci a questo pregiudizio, si parla di Ageism).
Il motivo è che per la nostra mente è rassicurante pensare che invecchiare significhi automaticamente diventare più saggi, ma la realtà è che si tratta solo di una bella storia a cui scegliamo di credere.
Non solo perché - come abbiamo già visto - a un aumento degli anni non corrisponde automaticamente un aumento delle capacità, ma addirittura perché l’avanzare dell’età può avere l’effetto diametralmente opposto: se non teniamo allenata la nostra mente, possiamo al contrario irrigidire il nostro pensiero.
Tutta questione di neuroplasticità: più sfidi la tua mente mettendo in discussione le tu idee, più la tua mente diventa flessibile; più alimenti la tua mente con certezze inamovibili, più la tua mente diventa rigida.
Vademecum per invecchiare bene, crescendo
Siamo giunti a una conclusione: invecchiando, non impariamo automaticamente a gestire pregiudizi inconsci e bias cognitivi. Anzi!
Quindi, se il tempo da solo non ci migliora, cosa possiamo fare per diventare davvero più saggi e meno vulnerabili ai nostri bias?
Ecco un protocollo in 3 step da rispettare quotidianamente, se vuoi far sì che al passare degli anni possa corrispondere - almeno parzialmente - anche un miglioramento della qualità di pensiero.
Sfida le tue certezze: metti in dubbio le tue convinzioni e le tue credenze. Quanto sei disposto a lasciar andare le tue convinzioni più radicate?
Ascolta idee diverse: esponiti a idee diverse dalla tua e guarda il mondo da prospettive lontane dalle tue, per il semplice gusto di scoprire nuovi punti di vista. Quante volte ascolti veramente il tuo interlocutore (senza pensare a cosa rispondere per avere ragione)?
Fai nuove esperienze: impara cose nuove, prova nuove attività, cambia ambiente. Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?
Ricorda: tra 10 anni potresti essere più saggio. Oppure solo più vecchio. La differenza? Sta in quello che scegli di fare (e pensare) oggi.
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