Connessi, ma disconnessi
Siamo nell'era della dis-connessione: sempre più connessi sul web, ma sempre meno connessi con noi stessi. Il rimedio? Potrebbe bastare una penna.
Sin da piccolo, sono sempre stato estremamente affascinato dal funzionamento del nostro incredibile mondo interiore.
La prima volta che ho aperto un libro che in qualche modo potesse spiegarmi qualcosa di più sul funzionamento dei nostri pensieri avevo all’incirca 10 anni. E da quel giorno non ho più smesso di interrogarmi sui “perché” nascosti delle nostre scelte e dei nostri comportamenti.
E se c’è una cosa che ha fatto davvero la differenza in questo mio viaggio quasi ventennale per comprendere i meccanismi più curiosi e affascinanti della nostra mente, quella cosa è stata…
Facciamo così: te lo svelo alla fine dell’articolo! Prima, facciamo un passo indietro: partiamo dal motivo che mi ha portato a dedicare questa nuova puntata di Brain Hacking a questo argomento.
Cosa significa essere “connessi” nel 2025?
L’era digitale ha una quantità incredibile di lati positivi, ma ha anche (almeno) un difetto: sta convincendo sempre più persone che tutto ciò che conta davvero si cela sotto lo schermo del nostro smartphone.
Così, secondo alcuni studi, siamo arrivati a passare in media più di 40 ore alla settimana al telefono, ovvero addirittura 3 mesi all’anno. Pazzesco, non credi?
Basta alzare per un istante lo sguardo dal nostro smartphone in un qualsiasi momento della giornata per rendercene conto: nelle sale d’attesa, in treno, in metro, al bar, al ristorante… Quante persone vedi affogare ogni momento di pausa o di noia in TikTok e Reel?
Così, ci siamo abituati a essere costantemente connessi, ci siamo abituati alla possibilità di avere sempre picchi di dopamina senza sforzo e a portata di click, ci siamo abituati alla distrazione. In particolare, alla distrazione dai nostri stessi pensieri.
Non siamo più abituati alla noia
Hai mai fatto caso a cosa succede nella tua mente quando ti annoi?
Tecnicamente, ciò che succede quando sperimenti la noia è che nel tuo cervello il circuito della ricompensa (quello che, per intenderci, viene iper-stimolato dai social) viene parzialmente disattivato; al contrario, si attiva il cosiddetto Default Mode Network, la rete cerebrale che gioca un ruolo decisivo ogni volta che facciamo “mind-wandering”, facendo viaggiare liberamente i nostri pensieri.
Facci caso: passando ogni anno ore - anzi: mesi - al telefono, stiamo riprogrammando il nostro cervello.
Il nostro cervello si è abituato a scappare dai momenti di noia, per andare alla ricerca di dopamina dove - per esperienza - ha imparato che può trovarne in abbondanza: i social. Il risultato? A tutti gli effetti, una dipendenza.
In questo modo, ogni volta che ci sarebbe anche solo la minima possibilità di passare del tempo tra i nostri pensieri (di fare “mind wandering” e attivare il nostro Default Mode Network), finiamo per sbloccare lo smartphone quasi senza rendercene conto e iniziamo subiro ad atrofizzare la nostra mente con una vagonata di contenuti che possano intrattenerci.
Non siamo più abituati al silenzio, alle pause, alla noia.
La noia come opportunità di introspezione
Eppure, è proprio nel silenzio, nelle pause e nella noia che possiamo trovare un nostro alleato fondamentale per riuscire a prendere maggiore consapevolezza dei nostri pensieri e del nostro immenso mondo interiore.
Il nostro cervello ha infatti fisiologicamente bisogno di pause per elaborare le informazioni e recuperare energie. Tra le altre cose, diversi studi dimostrano che il silenzio migliora la memoria, il problem-solving e la creatività. In altre parole, ascoltarci ci rende più lucidi e produttivi.
Ma la realtà è che l’aspetto più significativo forse non riguarda la produttività e la performance.
Riguarda invece la straordinaria opportunità di ascoltare i nostri pensieri. Quei pensieri che fino a quel momento della giornata avevamo affogato - più o meno consapevolmente - con i milioni di stimoli ricevuti dal mondo esterno e virtuale. E che ora, proprio grazie alla noia, possiamo finalmente ascoltare.
La scrittura come viaggio di auto-scoperta
Ed eccoci giunti a ciò che ti stavo raccontando all’inizio di questo articolo:
Se c’è una cosa che ha fatto davvero la differenza in questo mio viaggio quasi ventennale per comprendere i meccanismi più curiosi e affascinanti della nostra mente, quella cosa è stata...
La scrittura, ovviamente!
La scrittura ha innumerevoli benefici da un punto di vista neuroscientifico: attiva aree del cervello legate ai processi di memorizzazione, è fondamentale nella pianificazione degli obiettivi (nonostante alcuni sostengano il contrario, forse più per marketing che per altro) ed è decisiva anche per sviluppare maggiore consapevolezza dei propri pensieri.
Mettere nero su bianco ciò che ci passa per la testa, infatti, rende tangibile e quindi anche più facilmente gestibile il pensiero stesso.
La soluzione? Un pensiero al giorno
In quest’ottica, un semplice diario quotidiano può diventare uno strumento per mettere in pausa il mondo virtuale dei social e per attivare invece il nostro mondo interiore.
E non mi riferisco alla classica immagine del diario alla vecchia maniera (insomma, a mo’ di “caro diario…”), mi riferisco piuttosto a una versione di scrittura più libera. Senza regole, senza limiti, senza paletti: ci sei tu e la tua penna. E i tuoi pensieri, liberi di scorrere attraverso l’inchiostro.
Ti basta partire da questa domanda: “quali sono i pensieri che occupano la mia mente oggi?”. Divertiti a trovare la risposta, scrivendo.
Nel momento in cui deciderai di farlo, darai inizio a un incredibile viaggio di scoperta. Un viaggio alla scoperta di te stesso.
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Sempre più connessi virtualmente e sempre meno connessi con noi stessi! Un articolo che colpisce e che fornisce un ottimo consiglio per riprendere il dialogo interiore, il quaderno dei pensieri! Seguirò questo consiglio! Grazie Michele!
Bello questo pensiero alto sulla noia come momento di introspezione